Buongiorno investitori,
La vita, le aziende, la finanza e perfino le relazioni hanno tutte un filo conduttore: seguono traiettorie. Percorsi e decisioni che prendiamo – o non prendiamo – e che, passo dopo passo, determinano dove finiamo. È raro rendersene conto nel momento stesso in cui si sceglie. Ma ogni scelta plasma il nostro futuro, spesso più di quanto crediamo.
Ieri sera ho finito di leggere La Traiettoria, il libro di Alessandro Benetton. Me lo ha dato una persona che, quando avevo 19 anni, ha saputo vedere qualcosa in me che altri non vedevano. È stato lui a indicarmi la mia prima direzione nel mondo del lavoro, introducendomi in un’azienda del vicentino che, per anni, è stata una palestra fondamentale, oltre che una famiglia. Tutt’oggi questa persona crede in me, e io credo in lui.
Vedere il potenziale nelle persone, e dare a loro modo di esprimerlo, è una skill rara. Appartiene ai veri leader. È la stessa attitudine che serve per investire bene, per costruire business solidi e per distinguere ciò che crescerà da ciò che si spegnerà. Chi non sa individuare le persone giuste con le quali collaborare, fallirà. Punto.
Tranquilli, Capitali in Crescita non diventa una newsletter filosofica, ma voglio condividere con voi alcuni spunti strategici dal libro che ho trovato davvero stimolanti, anche sul piano imprenditoriale.
D’altronde Alessandro Benetton non è solo un “figlio di”, ma un imprenditore che ha avuto il coraggio di seguire la propria traiettoria, prendendo le distanze dalla famiglia per fondare una sua società: 21 Invest.
Perché proprio 21? Scopritelo leggendo il libro. Vi lascio il link per acquistarlo:
Alessandro Benetton, la traiettoria! (Link affiliato Amazon).
Alessandro Benetton è il secondogenito della famiglia che ha creato il gruppo Benetton, figlio del Signor Luciano.
Ma lui ha fatto una scelta controcorrente: invece di sfruttare il cognome e il business della famiglia, ha deciso di costruire qualcosa di suo. Ha fondato 21 Invest, una società di private equity con sedi in Italia, Francia e Polonia.
Il suo obiettivo?
Investire in aziende con un potenziale nascosto e aiutarle a crescere, innovare e diventare leader di settore. Dare loro una nuova traiettoria!
Non si limita a “mettere soldi”. Le accompagna in un vero percorso di trasformazione, fornendo competenze e capitale umano.
A me, personalmente, questo modello di business piace molto, e prima o dopo, ci arriverò.
È uno dei motivi per cui sto cercando di fare esperienza dentro le imprese, ma allo stesso tempo affiancarci anche la parte finanziaria e manageriale.
Perché?
Semplice: vedo ogni giorno che tante aziende italiane sono piccole, familiari, sottocapitalizzate… e spesso gestite ancora in modo istintivo, operativo, senza una vera visione di lungo periodo e senza un controllo di gestione efficiente.
Il risultato è che chi le guida lavora troppo, prende tutte le decisioni, e spesso si trova intrappolato nel proprio stesso lavoro, senza tempo né lucidità per pensare in grande. Il potenziale delle PMI italiane è immenso, ma non è ancora in grado di esprimersi completamente.
In termini semplici, il private equity, è un settore in cui si investe in aziende non quotate in Borsa, spesso familiari, per aiutarle a fare un salto di qualità.
Nel private equity, si compra una quota dell’azienda, la si supporta con strategia, management e capitali… e poi, dopo alcuni anni, la si rivende a un prezzo più alto, generando valore.
In pratica:
- si entra dove c’è potenziale;
- si lavora nel dietro le quinte per farla crescere;
- si esce quando l’azienda è matura, spesso passando il testimone a un nuovo investitore o portandola in Borsa.
È un mondo dove conta la visione, il tempismo e la capacità di leggere il futuro prima degli altri.
Nel libro – che vi consiglio vivamente di leggere – ci sono diverse frasi scritte a mano, come quella qui sopra, che ho trovato profondamente vere. Frasi che parlano a ciascuno di noi, ma che sono anche perfettamente adattabili al mondo del business.
Questa, ad esempio, è molto filosofica, ma racchiude un principio pratico:
il lavoro più importante che abbiamo da fare è definire la nostra traiettoria.
Che si tratti della vita o del business, il concetto non cambia: capire dove vogliamo andare e costruire un percorso che abbia senso per noi.
Anche nella finanza è così: serve un obiettivo chiaro. Senza una direzione, si finisce a reagire agli stimoli esterni invece che a costruire con lucidità.
Dare un nome ai propri soldi significa destinarli ad un obiettivo preciso. Dire “voglio arricchirmi o far crescere il mio patrimonio”, non serve a nulla. Una volta definito l’obiettivo chiaro, si definisce una strategia precisa per raggiungere l’obiettivo.
A volte abbiamo intuizioni giuste, ma ci ostiniamo a forzarle in un momento che non è maturo.
Altre volte, abbiamo la mente piena di idee, ma ci manca il contesto: energia, disciplina, supporto, tempo.
In finanza, come nel lavoro, vale lo stesso principio:
l'idea giusta, nel momento sbagliato, diventa un’occasione sprecata.
Il vero lavoro, spesso, non è inventare qualcosa di nuovo.
È capire quando è il momento di farlo.
E avere la pazienza di aspettare che quel momento arrivi.
Nel frattempo: si prepara il terreno.
Warren Buffet ha detto più volte che “il mercato azionario è uno strumento che trasferisce i soldi dalla casse dei frettolosi a quelle delle persone pazienti”.
Nel business non conta quanto sei bravo in fase di espansione.
Conta come reagisci quando il mercato ti crolla sotto i piedi.
Quando perdi il tuo miglior cliente.
Quando il margine evapora.
Quando il team si sfalda o i costi fissi ti schiacciano.
Quando i tuoi investimenti sono sotto del 40%
Le crisi non sono eccezioni. Sono test.
Chi ha struttura, visione e sangue freddo, stringe i denti, taglia, rilancia.
Chi si è adagiato su abitudini fragili, esce dal mercato.
La pianta che smette di crescere, muore.
La pianta che non viene nutrita, curata, seguita, smette di crescere.
Vale per la vita.
Vale per le relazioni.
Vale per l’azienda.
Vale per il proprio portafoglio di investimenti.
Se non viene seguito e curato, tutto questo smetterà di crescere. E, alla fine, morirà.
Un’azienda che non cresce è un’azienda destinata a fallire. A meno che non ne venga rivista la traiettoria.
Ma spesso, soprattutto gli adulti, tendono a essere molto rigidi e troppo convinti delle proprie idee.
Ecco perché, nonostante l’inesperienza dei giovani, a volte è proprio su di loro che bisogna puntare: per avere nuovo ossigeno, nuove idee, e continuare a crescere.
In finanza, una delle metriche fondamentali che gli analisti osservano è proprio la crescita nel tempo del business.
Il CAGR (Compound Annual Growth Rate) serve a misurare proprio questo: la crescita costante, anno dopo anno.
Il logo di Capitali in crescita è una pianta.
Una pianta che, con radici forti, vuole – nel suo piccolo – continuare a crescere.
Questo articolo, anche perché sono prossimo alle vacanze, vuole essere diverso dagli altri. Più leggero, meno tecnico, più ampio. L’intenzione è darvi spunti di riflessione utili, che siate imprenditori, investitori o semplici persone determinate a ottenere il meglio dalla propria vita.
Il concetto di traiettoria mi ha colpito profondamente. Quando siamo giovani, vogliamo avere tutto già definito, ma la verità è che solo cambiando e restando pronti a nuove opportunità la traiettoria si schiarisce, fino a portarci esattamente dove dobbiamo arrivare.
Capitali in crescita ne è un esempio concreto. Non è ancora un business che sostiene da solo, ma mi ha aperto porte che prima sarebbero state inaccessibili. E chissà quante altre ne aprirà.
Il consiglio è questo: sperimentate, rischiate, rompete gli schemi imposti da chi non ha visione e vi blocca. Solo così troverete la vostra vera traiettoria.
Alessandro Benetton ci sorprende con un nuovo libro, uscito letteralmente qualche giorno fa.
Io devo ancora leggerlo, ma già mi sento di consigliarvelo.
Mai fermi. Otto punti fissi per la tua traiettoria. (Link affiliato Amazon).
Buona lettura.